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“Tutto ebbe inizio nel 1972, quando l’imprenditore marchigiano Italo Bartoletti concepì, con l’aiuto dell’architetto Ico Parisi, Operazione Arcevia, un progetto poco convenzionale di ripopolamento dell’entroterra pre-appenninico in fase di abbandono. La localizzazione scelta fu Palazzo di Arcevia, un paesino in provincia di Ancona, tra le colline scolpite da ataviche tracce del lavoro nei campi e coronate da piccoli borghi fuori dal tempo. Parisi, affiancato dai critici d’arte Enrico Crispolti e Pierre Restany e dallo psicologo Antonio Miotto, e basandosi sulle sue collaborazioni e frequentazioni artistiche precedenti, elaborò l’idea di una ‘Comunità Esistenziale’. Il modello di sviluppo proposto, più che contrapporsi a quello urbano, voleva essere un’alternativa che tenesse in considerazione la vocazione agricola della zona e su di essa innestasse una comunità di contadini, artigiani, commercianti, ‘ospiti’ e artisti, che definisse da sé una nuova dimensione esistenziale. Il coinvolgimento di cosiddetti ‘operatori estetici’ era uno dei fattori fondamentali per la riattivazione del territorio e della strutturazione architettonico-ambientale dell’insediamento. Tra le eminenti personalità chiamate a partecipare e a sviluppare sollecitazioni artistiche variegate ma necessariamente site-specific, ci furono Alberto Burri, Armàn, Emanuele Astengo, Alik Cavaliere, Tonino Guerra, Michelangelo Antonioni, Mario Ceroli, Aldo Ricci, solo per citarne alcuni. Il progetto fu presentato nel 1976 alla Biennale di Venezia e nel 1979 esposto alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ma rimase sostanzialmente sulla carta.